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  • Preposto alla sicurezza: chi è davvero, cosa rischia e perché non puoi far finta di niente

    Preposto alla sicurezza: chi è davvero, cosa rischia e perché non puoi far finta di niente

    Negli ultimi anni la figura del preposto alla sicurezza è tornata al centro dell’attenzione: il D.Lgs. 81/08 ne ha chiarito meglio l’obbligo di individuazione, si parla sempre più di vigilanza operativa e sentenze e linee guida ricordano che non si tratta di un ruolo “di facciata”, ma di una figura chiave per l’organizzazione della sicurezza sul lavoro.

    Nella pratica, però, in molte PMI il quadro è ancora confuso:

    • nessuno è formalmente nominato, ma capi squadra e capi reparto si comportano come preposti di fatto;
    • il datore di lavoro dà per scontato che “alla fine sono tutti responsabili di se stessi”;
    • nel caso di lavoratori in solitaria capita di sentir dire che il singolo è “preposto di se stesso”.

    Il risultato è un sistema in cui i ruoli non sono chiari, le responsabilità non sono davvero condivise e, in caso di problemi, il peso ricade comunque sull’azienda e sul datore di lavoro.

    In questo articolo proviamo a fare chiarezza su tre aspetti fondamentali:

    • chi è il preposto secondo il D.Lgs. 81/08,
    • cosa significa concretamente preposto di fatto,
    • perché l’idea di “preposto di se stesso” è una scorciatoia fuorviante, soprattutto nel lavoro in solitario.

    Chiudiamo con uno schema pratico che ti aiuta a mettere ordine sul tema preposti nella tua azienda in un orizzonte di 30–60 giorni.

    1. Chi è il preposto secondo il D.Lgs. 81/08
    2. Perché oggi il preposto è diventato centrale nella sicurezza sul lavoro
      1. Individuare i preposti prima di nominarli: l’ordine giusto
    3. Preposto di fatto: cosa dice il D.Lgs. 81/08 e cosa comporta per l’azienda
    4. Il mito del “preposto di se stesso” e il lavoratore in solitario
      1. Misure pratiche per evitare (o gestire davvero) il lavoro in solitario
        1. 1. Evitare il lavoro in solitaria quando non è compatibile con la sicurezza
        2. 2. Rendere il lavoro in solitario più sicuro e conforme
    5. Errori tipici delle PMI sul tema preposti
    6. Come mettere ordine su preposti in 3 semplici passaggi
      1. Step 1 – Mappare chi comanda davvero (non solo sulla carta)
      2. Step 2 – Decidere chi sono i preposti “di diritto”
      3. Step 3 – Atti, formazione e strumenti minimi
    7. Quando ha senso farsi aiutare da fuori
      1. Gap Analysis
    8. Vuoi capire se i tuoi preposti sono davvero “coperti” o solo sulla carta?
      1. Cosa puoi fare subito

    Chi è il preposto secondo il D.Lgs. 81/08

    Il Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 81/08) individua il preposto come la figura che, per competenze ed effettiva posizione nell’organizzazione, sovrintende all’attività dei lavoratori e vigila sull’applicazione delle misure di sicurezza decise dal datore di lavoro.
    Non è un ruolo teorico: il preposto è vicino alle persone e ai processi, vede cosa succede ogni giorno in reparto o in cantiere e ha il compito di intervenire quando qualcosa non va.

    In pratica, il preposto alla sicurezza è quel capo squadra, capo reparto, capo turno o capo cantiere che:

    • organizza il lavoro operativo,
    • controlla che le istruzioni vengano rispettate,
    • segnala problemi e situazioni di rischio,
    • fa da collegamento tra lavoratori, datore di lavoro, dirigente e HSE.

    L’art. 19 del D.Lgs. 81/08 elenca una serie di obblighi specifici a suo carico. Tra i più importanti:

    • sovrintendere e vigilare sull’osservanza delle norme di sicurezza e delle procedure aziendali;
    • intervenire immediatamente in caso di comportamenti non sicuri, anche fermando l’attività se necessario;
    • segnalare senza ritardo al datore di lavoro o al dirigente qualsiasi condizione di pericolo, guasto, carenza di mezzi o DPI;
    • verificare che accedano alle aree a rischio solo lavoratori formati e autorizzati;
    • informare e richiamare i lavoratori sui rischi presenti e sulle misure di prevenzione e protezione da adottare;
    • partecipare ai corsi di formazione e aggiornamento specifici per preposti, così da mantenere nel tempo le competenze richieste dal ruolo.

    Il preposto, quindi, non è un semplice “capo operativo” né un “mini-datore di lavoro”:
    si colloca in mezzo, con una funzione di vigilanza quotidiana e di raccordo tra decisioni aziendali e realtà del lavoro. Proprio per questo la legge gli attribuisce obblighi precisi e responsabilità anche penali, che richiedono consapevolezza, formazione mirata e un inquadramento chiaro all’interno dell’organigramma della sicurezza.

    Perché oggi il preposto è diventato centrale nella sicurezza sul lavoro

    Negli ultimi anni le modifiche al Testo Unico sulla sicurezza (D.Lgs. 81/08) e le indicazioni interpretative che ne sono seguite hanno reso il tema preposto ancora più centrale. Il legislatore ha chiarito alcuni punti chiave che le aziende non possono più permettersi di trattare in modo informale o “di buon senso”:

    • il datore di lavoro ha l’obbligo di individuare i preposti in modo esplicito, con una scelta consapevole e documentata;
    • viene rafforzato il ruolo di vigilanza attiva: al preposto non si chiede solo di “dare un’occhiata”, ma di intervenire concretamente, anche fermando le attività non sicure;
    • aumenta l’attenzione su formazione e aggiornamento specifici per i preposti, con percorsi dedicati diversi da quelli dei lavoratori;
    • si pone un forte focus sui preposti di fatto: chi, anche senza nomina formale, esercita poteri di coordinamento e vigilanza può essere considerato a tutti gli effetti un preposto e risponderne.

    Per una PMI impiantistica o manifatturiera questo è un terreno delicato. Nella pratica, infatti:

    • i ruoli sono spesso fluidi: il caposquadra che decide cosa si fa in cantiere, il referente di produzione che organizza turni e priorità, il tecnico esperto a cui tutti si rivolgono… di fatto sono figure di coordinamento, anche se in organigramma non c’è scritto “preposto”;
    • la reazione istintiva può essere: “nominiamo tutti preposti e siamo a posto” → in realtà così si annacqua il ruolo, si creano sovrapposizioni e si perdono di vista responsabilità e perimetri;
    • all’estremo opposto, non nominare nessuno non mette al riparo: in caso di infortunio o controllo, viene comunque analizzato chi, nei fatti, coordinava e vigilava sul lavoro.

    Il messaggio di fondo è chiaro: oggi non basta più sperare che la struttura “regga da sola”.
    Serve chiarire chi sono i preposti, quali poteri hanno, come vengono formati e come svolgono la vigilanza, tenendo conto sia dell’organigramma formale sia di come l’azienda funziona davvero tutti i giorni.

    Individuare i preposti prima di nominarli: l’ordine giusto

    Per una il punto non è solo “fare i corsi per preposti”, ma capire prima chi sono davvero i preposti dentro l’organizzazione.

    L’ordine corretto è questo:

    1. Prima si legge la struttura reale
      Si parte dalla realtà operativa, non dai titoli sulle carte:
      • chi coordina le squadre in cantiere,
      • chi organizza turni e attività in reparto,
      • chi decide cosa si fa, in che modo e con quali priorità.
      In pratica, si individuano le persone che hanno un potere effettivo di coordinamento e vigilanza sul lavoro degli altri.
    2. Poi si decide chi sono i preposti da designare
      Su queste figure si fa una scelta consapevole:
      • si definisce il loro perimetro (reparto, cantiere, linea, turno),
      • si chiarisce a chi riportano (datore, dirigente, HSE),
      • si specificano in modo chiaro gli obblighi e le responsabilità che assumono come preposti.
    3. Solo dopo arrivano nomina formale e formazione da preposto
      L’atto di designazione e la formazione specifica per preposti hanno senso se arrivano a valle di questa analisi, non come punto di partenza.

    Il contrario – mandare a caso alcune persone a un corso e chiamarle preposti solo perché hanno l’attestato – non funziona!
    significa creare preposti solo sulla carta, mentre la vigilanza operativa continua a essere svolta da altri, spesso non nominati, non formati e non consapevoli del ruolo.

    L’obiettivo, oggi, non è “avere più attestati possibile”, ma avere preposti ben individuati, consapevoli del proprio ruolo e messi nelle condizioni di esercitare davvero la vigilanza sulla sicurezza.

    Preposto di fatto: cosa dice il D.Lgs. 81/08 e cosa comporta per l’azienda

    Oltre al preposto “ufficiale”, individuato e nominato dal datore di lavoro, il Testo Unico sulla sicurezza considera anche il cosiddetto preposto di fatto.
    L’art. 299 del D.Lgs. 81/08 stabilisce che le posizioni di garanzia previste per datore di lavoro, dirigenti e preposti gravano anche su chi, pur senza una formale investitura, esercita di fatto i poteri giuridici tipici di quelle figure.

    In termini operativi, è preposto di fatto chi:

    • coordina stabilmente il lavoro di altri,
    • impartisce istruzioni su “cosa” e “come” fare,
    • controlla l’esecuzione delle attività,
    • interviene (o dovrebbe intervenire) sui comportamenti non sicuri,

    anche se sul contratto di lavoro non è scritto “preposto” e non esiste una lettera di designazione.

    Questo ha una conseguenza importante per il datore di lavoro:

    se in azienda ci sono persone che si comportano come preposti, queste persone vengono comunque considerate tali ai fini della responsabilità.

    Quindi non basta dire “non l’avevo nominato”: se di fatto organizza e vigila sul lavoro, risponde come preposto e l’azienda si troverà a giustificare perché:

    • non lo ha individuato in modo consapevole,
    • non lo ha nominato formalmente con un atto chiaro,
    • non lo ha formato come preposto, con il percorso specifico previsto dall’art. 37.

    Per una PMI questo significa che il passaggio logico è obbligato:

    1. riconoscere chi, oggi, sta già svolgendo un ruolo di coordinamento e vigilanza (preposti di fatto);
    2. decidere chi di loro deve diventare preposto “di diritto”, con un perimetro preciso di responsabilità;
    3. procedere con designazione formale e formazione specifica per preposti.

    Ignorare i preposti di fatto non elimina il problema, lo aggrava:
    hai persone che portano già addosso responsabilità da preposto, ma senza strumenti, senza consapevolezza e senza un inquadramento chiaro nel sistema di prevenzione aziendale.

    Il mito del “preposto di se stesso” e il lavoratore in solitario

    L’espressione “preposto di se stesso” gira parecchio, soprattutto in due situazioni tipiche:

    • micro-aziende dove ognuno segue in autonomia la propria attività;
    • contesti di lavoro in solitario: turni notturni, manutenzioni isolate, tecnici che operano da soli presso il cliente.

    Suona comoda, ma ha un problema serio:
    dal punto di vista giuridico, il “preposto di se stesso” non esiste nel D.Lgs. 81/08.

    Il lavoratore che opera da solo resta comunque un lavoratore con gli obblighi dell’art. 20,
    e il datore di lavoro mantiene per intero i propri obblighi di organizzazione e vigilanza: valutare i rischi, predisporre misure, definire ruoli e responsabilità, mettere le persone in condizione di lavorare in sicurezza.

    Per il lavoro in solitario, normativa e buone prassi puntano l’attenzione su alcuni elementi chiave:

    • una valutazione specifica dei rischi legati all’isolamento (tempi di soccorso, natura dell’attività, contesto, orario);
    • procedure dedicate che definiscano:
      • come e quando il lavoratore deve comunicare con l’azienda,
      • chi è il referente/preposto che lo segue,
      • cosa succede in caso di mancato contatto;
    • eventuali dispositivi di allarme e comunicazione (telefoni, dispositivi uomo a terra, sistemi di tracking, pulsanti di emergenza, ecc.);
    • formazione e istruzioni specifiche su come operare da soli, come gestire le emergenze, cosa non fare in assenza di supporto.

    Dire “è preposto di se stesso”, nella pratica, spesso significa solo scaricare vigilanza e responsabilità sul lavoratore, senza aver:

    • definito chi lo controlla (datore, dirigente, preposto di riferimento);
    • stabilito come e quando avvengono le verifiche;
    • predisposto misure adeguate per ridurre gli extra-rischi legati all’isolamento.

    Se nella tua azienda hai:

    • addetti che fanno turni notturni soli in impianto,
    • manutentori che vanno in autonomia in siti del cliente,
    • tecnici che svolgono attività critiche senza squadra,

    non è sufficiente dire “si controllano da soli”: devi poter dimostrare che la vigilanza è stata organizzata e che l’azienda ha fatto la sua parte.

    Misure pratiche per evitare (o gestire davvero) il lavoro in solitario

    Su questo punto puoi lavorare in modo molto concreto, su due livelli:

    1. Evitare il lavoro in solitaria quando non è compatibile con la sicurezza

    In alcuni casi, la scelta più coerente con la valutazione dei rischi è non lavorare da soli, ad esempio:

    • attività in spazi confinati o sospetti di inquinamento;
    • lavori con rischi elettrici elevati, in alta tensione o su impianti complessi;
    • interventi con utilizzo di sostanze pericolose con rischi acuti;
    • lavorazioni in quota con caduta potenzialmente grave;
    • attività dove un malore o un infortunio renderebbero impossibile chiamare aiuto.

    In questi casi puoi mettere in campo misure come:

    • presenza di una seconda persona (team di almeno due addetti);
    • definizione di finestre orarie in cui certe attività non si svolgono mai da soli;
    • programmazione delle attività critiche in orari in cui è garantito un supporto immediato (es. presenza HSE, squadra di emergenza).

    2. Rendere il lavoro in solitario più sicuro e conforme

    Dove, per ragioni organizzative o di processo, il lavoro in solitario resta necessario, puoi lavorare su:

    • Organizzazione e procedure
      • definire per iscritto quando è ammesso lavorare da soli e quando no;
      • stabilire un sistema di check-in/check-out (es. chiamate periodiche, messaggi su sistema aziendale, app dedicata);
      • indicare chiaramente chi è il referente/preposto che ha la responsabilità di vigilare su quell’attività.
    • Strumenti e tecnologia
      • dotare il lavoratore di telefono aziendale o altro mezzo di comunicazione sempre disponibile;
      • usare dispositivi uomo a terra, pulsanti di emergenza, sistemi di allarme portatili dove il rischio lo giustifica;
      • predisporre registri o app per tracciare l’inizio e la fine delle attività in solitaria, con posizione e tipo di lavoro svolto.
    • Formazione mirata
      • formare il lavoratore sui rischi specifici dell’isolamento (tempi di soccorso, impossibilità di chiedere aiuto, ecc.);
      • addestrarlo sulle procedure di emergenza: cosa fare, chi chiamare, cosa non tentare da solo;
      • chiarire i limiti operativi: quali attività possono sospendere se non si sentono sicuri.
    • Ruolo del preposto e della linea
      • individuare sempre un preposto di riferimento anche per chi lavora da solo (anche se non è fisicamente presente);
      • definire come il preposto deve vigilare a distanza (es. chiamate programmate, verifiche documentate, eventuali sopralluoghi);
      • responsabilizzare la linea gerarchica su eventuali deroghe non autorizzate (es. tecnico che rimane da solo su attività vietate in solitario).

    Il problema quindi non si risolve con una frase (“è preposto di se stesso”), ma con scelte organizzative, procedure chiare e strumenti adeguati.
    Così puoi dimostrare che il lavoro in solitario, dove esiste, non è frutto del caso, ma di una valutazione consapevole e di una vigilanza organizzata.

    Errori tipici delle PMI sul tema preposti

    Quando si entra nel concreto di preposti e sicurezza sul lavoro nelle PMI, soprattutto impiantistiche e manifatturiere, emergono sempre gli stessi nodi. Non sono dettagli teorici: sono esattamente le situazioni che poi riemergono in caso di infortunio, ispezione o contestazione da parte del cliente.

    Vediamoli uno per uno.

    1. Nessuna mappatura dei ruoli reali

    Sulla carta c’è un organigramma ordinato; nella realtà, in cantiere o in reparto, le decisioni le prendono altre persone.
    Si guarda solo il ruolo contrattuale o la qualifica, ma non chi decide davvero cosa succede ogni giorno: chi organizza le squadre, chi sposta le priorità, chi dice “si fa così”.
    Senza questa mappatura, è impossibile individuare correttamente i preposti.

    2. Nomine a pioggia “per mettersi al sicuro”

    Per paura di lasciare scoperti dei pezzi, a volte si finisce per nominare preposti tutti i capi: caposquadra, caporeparto, responsabile di linea, referente tecnico… anche quando non hanno veri poteri di coordinamento o di fermo attività.
    Risultato: il ruolo di preposto si annacqua, le responsabilità si sovrappongono e non è più chiaro chi deve vigilare su cosa.

    3. Preposti di fatto ignorati

    In tante PMI ci sono figure che, di fatto, coordinano il lavoro e la sicurezza: organizzano gli interventi, danno indicazioni operative, decidono come gestire situazioni critiche.
    Però non sono designati come preposti, non hanno formazione specifica, non sanno nemmeno quali obblighi la legge attribuisce a chi svolge quel ruolo.
    Sono preposti di fatto non riconosciuti, e questo crea un doppio problema:
    – per loro, che si trovano addosso responsabilità non dichiarate;
    – per l’azienda, che non può dimostrare di averli individuati, nominati e formati in modo consapevole.

    4. Formazione dei preposti trattata come una formalità

    Altro errore frequente: la formazione per preposti viene vissuta come un “corso in più da fare per obbligo”, spesso copia-incolla dei corsi base.
    Manca il focus reale su:

    • vigilanza quotidiana,
    • gestione dei comportamenti non sicuri,
    • capacità e responsabilità di fermare un’attività quando non ci sono le condizioni,
    • relazione tra preposto, datore di lavoro, dirigente e RSPP.

    Così il preposto esce dal corso con un attestato, ma senza strumenti pratici per esercitare il proprio ruolo.

    5. Lavoro in solitario gestito “per abitudine”

    Infine, il lavoro in solitaria viene spesso gestito in modo informale:
    si fa perché “si è sempre fatto così” e ci si affida all’esperienza del singolo. Non ci sono procedure chiare, non c’è una valutazione specifica dei rischi, non si definiscono modalità di contatto e di controllo.
    In questi casi, la frase che salta fuori è quasi sempre la stessa: “tanto è preposto di se stesso”.
    Ma questo, come visto, non esiste nel D.Lgs. 81/08: è solo un modo per scaricare sul lavoratore ciò che dovrebbe essere organizzato a livello aziendale.

    Questi errori, presi uno a uno, possono sembrare “gestibili”.
    Insieme, però, raccontano un quadro preciso: un sistema in cui ruoli, responsabilità e vigilanza sui preposti non sono stati davvero progettati, ma lasciati crescere per abitudine.
    Ed è proprio in queste situazioni che, di fronte a un infortunio o a un controllo, emergono tutte le fragilità che si potevano gestire prima con un lavoro mirato su mappatura, designazione e formazione dei preposti.

    Come mettere ordine su preposti in 3 semplici passaggi

    Per una PMI impiantistica o manifatturiera non serve un progetto infinito per sistemare il tema dei preposti e del lavoro in solitario.
    Serve un percorso chiaro, concreto e gestibile in 30–60 giorni, con alcuni passaggi ben fatti.

    Di seguito ti propongo 3 step che puoi applicare subito.

    Step 1 – Mappare chi comanda davvero (non solo sulla carta)

    Il punto di partenza non è l’organigramma “ufficiale”, ma come funziona davvero l’azienda ogni giorno.

    Parti da:

    • reparti produttivi,
    • cantieri e squadre operative,
    • turni e linee di lavoro.

    Per ogni area chiediti in modo molto pratico:

    “Chi decide cosa si fa, come si fa e chi lo fa?”

    Non guardare solo il ruolo in busta paga, ma:

    • chi organizza il lavoro degli altri,
    • chi dà indicazioni operative,
    • chi viene cercato quando c’è un problema.

    L’elenco di queste persone è la base dei tuoi potenziali preposti, sia di diritto sia di fatto.
    Senza questa mappatura iniziale, rischi di nominare preposti “a caso” e di lasciare scoperti proprio quelli che, nella realtà, svolgono già una funzione di sovrintendenza e vigilanza.

    Step 2 – Decidere chi sono i preposti “di diritto”

    Una volta individuate le figure chiave, devi fare una scelta: chi vuoi che sia formalmente preposto per ciascuna area.

    Qui l’idea è:

    • selezionare solo chi ha davvero potere di organizzare e vigilare;
    • evitare di nominare preposti persone che, nei fatti, non possono incidere su come si lavora.

    Per ogni preposto definisci in modo chiaro:

    • Perimetro di responsabilità
      • reparto, cantiere, linea, squadra, turno;
    • Linea di riporto
      • a chi risponde: datore di lavoro, dirigente, HSE, responsabile di produzione;
    • Aspettative sul ruolo
      • che tipo di vigilanza deve esercitare,
      • che tipo di segnalazioni deve fare (non conformità, near miss, carenze DPI, ecc.),
      • come deve gestire comportamenti non sicuri e situazioni di pericolo.

    Questa chiarezza iniziale ti evita di avere preposti “nominali” che non sanno esattamente qual è il loro territorio e cosa ci si aspetta da loro.

    Step 3 – Atti, formazione e strumenti minimi

    Dopo aver deciso chi sono i tuoi preposti, si passa alla parte formale e operativa.

    • Lettere di designazione
      Predisponi lettere di designazione chiare, non modelli generici.
      Devono indicare:
      • perimetro (dove e su chi esercitano la vigilanza),
      • principali obblighi,
      • collegamento con il sistema di prevenzione (datore, dirigente, RSPP, HSE).
    • Formazione specifica per preposti
      Verifica che ciascun preposto:
      • abbia svolto la formazione prevista dalla legge (modulo specifico per preposti + aggiornamento periodico),
      • conosca i propri obblighi e il proprio margine di intervento (anche il potere/dovere di fermare un’attività non sicura).
    • Strumenti minimi per vigilare davvero
      Definisci in modo semplice ma concreto:
      • come devono vigilare (es. giri periodici, controlli mirati, check-list essenziali);
      • come devono segnalare problemi (modulo, app, mail, canale dedicato);
      • quando possono o devono fermare un’attività in autonomia
        e quando è obbligatorio coinvolgere subito superiore, HSE o datore di lavoro.

    L’obiettivo è che il preposto non sia solo una nomina ma una figura attrezzata per svolgere la propria funzione di vigilanza sulla sicurezza sul lavoro.

    Quando ha senso farsi aiutare da fuori

    Su preposti e lavoratori in solitario puoi fare molto all’interno.
    Ma ci sono situazioni in cui un supporto esterno HSE ti fa risparmiare tempo, margine di errore e discussioni infinite.

    Ha senso chiedere una mano quando:

    • non hai mai mappato seriamente i preposti, né di diritto né di fatto;
    • non sei sicuro di come gestire il lavoro in solitario e finora ti sei affidato solo all’esperienza dei singoli;
    • in ispezioni, audit cliente o verifiche interne è già emerso il tema “preposti”, magari con richiami o osservazioni;
    • hai preposti nominati sulla carta, ma non sai quanto siano davvero consapevoli del ruolo e delle responsabilità.

    In questi casi si può lavorare con un intervento mirato su preposti e ruoli HSE, ad esempio con un:

    Audit preposti e ruoli HSE in azienda, che includa:

    • analisi dell’organigramma formale e di come funziona davvero l’azienda;
    • individuazione dei preposti di diritto e di fatto;
    • verifica delle lettere di designazione e della formazione specifica per preposti;
    • analisi delle situazioni di lavoro in solitario e delle misure oggi in campo;
    • proposta di un piano di adeguamento semplice, con priorità e azioni in un orizzonte 30–60 giorni.

    Questo tipo di lavoro può essere:

    • un modulo specifico focalizzato solo su preposti;
    • oppure parte di un Audit HSE più ampio, quando vuoi rivedere l’intero sistema di sicurezza sul lavoro.

    Gap Analysis

    TemaProblema tipicoCosa fare subitoOutput atteso
    Individuazione prepostiNessuna mappatura dei ruoli reali; preposti solo “sulla carta”.Mappare reparti, cantieri, turni e chiedersi: chi decide cosa si fa, come si fa e chi lo fa?Elenco dei potenziali preposti (di diritto e di fatto) su cui lavorare in modo strutturato.
    Designazione preposti di dirittoNomine a pioggia o assenza totale di nomine formali.Selezionare chi ha veri poteri di coordinamento; definire perimetro, linea di riporto e aspettative.Preposti di diritto chiari, con ambito definito e responsabilità comprensibili.
    Preposti di fattoFigure che coordinano di fatto, ma non sono riconosciute né formate.Applicare l’art. 299: riconoscere chi esercita già poteri da preposto e includerlo nel sistema HSE.Allineamento tra realtà operativa e organigramma della sicurezza.
    Designazioni e formazioneLettere generiche, corsi copia-incolla, ruolo non compreso.Aggiornare lettere di designazione; verificare e completare formazione specifica per preposti.Preposti consapevoli del ruolo, con formazione coerente agli obblighi dell’art. 19.
    Strumenti di vigilanzaPreposti nominati ma senza strumenti e modalità chiare di controllo.Definire check-list essenziali, canali di segnalazione, soglie per fermare le attività e coinvolgere i superiori.Vigilanza quotidiana strutturata e tracciabile su reparti, cantieri e squadre.
    Lavoro in solitarioAttività svolte da soli gestite “per abitudine”, senza regole né controlli.Valutare i rischi specifici; definire quando è ammesso; impostare contatti periodici e dispositivi di allarme.Lavoro in solitario regolato, con vigilanza organizzata e misure documentabili.
    “Preposto di se stesso” (mito)Scarico di responsabilità sul lavoratore (“si controlla da solo”).Individuare un preposto di riferimento; definire procedure e limiti operativi per il lavoro in solitario.Fine delle frasi vaghe; responsabilità e vigilanza riportate al livello aziendale corretto.
    Audit preposti e ruoli HSEQuadro generale confuso, criticità che emergono solo in caso di problemi.Programmare un audit mirato su preposti, ruoli HSE e lavoro in solitario (interno o con supporto esterno).Piano di adeguamento 30–60 giorni con priorità, azioni, responsabilità e tempistiche definite.

    Vuoi capire se i tuoi preposti sono davvero “coperti” o solo sulla carta?

    A questo punto, la domanda è semplice: dove ti riconosci?

    Se anche solo una delle frasi qui sotto ti suona familiare:

    • “Abbiamo i preposti nominati, ma non sono sicuro che abbiano chiaro cosa comporta il ruolo.”
    • “In pratica sono i capisquadra a decidere tutto, ma formalmente non abbiamo mai sistemato la parte preposti.”
    • “Abbiamo persone che lavorano da sole e non so se, così come siamo organizzati, ce lo possiamo permettere.”

    allora probabilmente è il momento di mettere mano al tema, non solo di parlarne.

    Cosa puoi fare subito

    Puoi richiedere un check mirato su preposti e lavoro in solitario nella tua azienda.

    Nel concreto, cosa succede:

    • facciamo una call di circa 30 minuti;
    • analizziamo come hai organizzato oggi:
      • i ruoli operativi e i preposti,
      • le situazioni di lavoro in solitaria;
    • ti restituisco dove vedo i buchi principali e quali sarebbero, in pratica, i primi passi sensati (audit specifico, intervento puntuale, formazione mirata, ecc.).

    Da lì, la scelta è tua:

    • puoi fermarti alla diagnosi e lavorare con le tue risorse interne,
    • oppure impostare un percorso di adeguamento strutturato su preposti e lavoro in solitario.

    L’obiettivo non è creare burocrazia in più, ma fare in modo che:

    • i tuoi preposti sappiano davvero che ruolo hanno,
    • il lavoro in solitario sia valutato, regolato e vigilato,
    • e tu possa dimostrare, in caso di controllo o problema, di aver fatto la tua parte in modo ragionato e documentato.